Io comincio dall’uovo

16Feb
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Proprio no, non siamo uguali. Forse simili, ma per nulla gli stessi. Anche noi animali, anche noi mammiferi, ma esistiamo, ci percepiamo e ci pensiamo soprattutto attraverso le differenze.

E’ nelle differenze che conosciamo noi stessi. Per questo, quando un umano e un animale si incontrano, cominciano ad esistere il tempo e la realtà che possiede forme molteplici. Gli esseri umani hanno preso lezione dagli animali, dalla caccia ai rituali sociali, dalle strategie di sopravvivenza al mimetismo. C’erano prima, e molti sono rimasti tali e quali. C’erano anche quando l’essere umano non era ancora uomo. Senza il confronto e l’interazione con gli animali non ci saremmo scoperti davvero diversi, unici e forse irripetibili.

La tesi di Ragli & Nitriti, ampiamente condivisa negli studi sull’interazione uomo/animale, è che nella consapevolezza delle differenze che intercorrono tra “noi” e “loro” si giochino la qualità, la coerenza e l’utilità delle interazioni interspecifiche.

Negli anni si sono fatte spazio sul panorama culturale internazionale diverse correnti teoriche che mettono a nudo tutte le carenze concrete, logiche e metodologiche del pensiero “specista”. Esso è strettamente collegato al principio antropocentrico della natura, dove la specie umana è considerata la misura prima e ultima del mondo: l’uomo al vertice della piramide degli ecosistemi, e l’uomo come imperdonabile signore del vivente.

Riflettiamoci. Non è forse vero che le forme animali sono state, da sempre, il luogo di proiezioni del tutto umane? Furbo come una volpe, fedele come un cane, forte come un bue, sporco come un maiale, coraggioso come un leone, mite come un agnello e così via. Ecco perché i nostri incontri con gli animali non sono solo intrisi dell’esperienza individuale, ma anche di un velo culturale di metafore e sentimenti stratificatisi, spesso inconsciamente, nei secoli.

L’asino, il cavallo e il bue sono stati certamente tra gli animali che più hanno subìto, nel bene e nel male, non solo l’utilizzo strumentale da parte dell’uomo, ma anche forti proiezioni di tipo sentimentale. E’ fin troppo semplice credere, tutt’oggi, che gli asini siano somari, che i cavalli siano forti e irruenti, e che il bue continui a fare il suo mestiere nei banchi frigo dei supermercati.

Gli animali sono del tutto a conoscenza della supremazia umana nella catena alimentare. Un asino, un bue, un cavallo… non c’è animale che non sappia, attraverso il nostro odore (e non solo!), che siamo onnivori, e come tali anche predatori.

Se il genio di Temple Grandin, con il suo La macchina degli abbracci, è servito ad avviare, specialmente nell’ambito dell’allevamento bovino, una profonda rivoluzione logica e metodologica; e se sono incredibilmente innumerevoli gli studi, le tecniche e gli approcci nelle relazioni con i cavalli, ad oggi, invece, gli studi scientifici sugli asini e sui metodi di interazione con essi, sembrano pressoché inesistenti.

Tutti d’accordo sul fatto che gli asini non si addestrino, ma con loro è facile cadere nella trappola del comportamentismo e dell’ammaestramento: si tratta di un essere che apprende molto velocemente e che tende a ripetere ciò che impara. Caratteristiche che sono state, e sono, ampiamente strumentalizzate (i rassegnati asini taxi ancora oggi esistenti ne sono la prova concreta).

Il lavoro di Ragli & Nitriti nell’educazione degli asini è di tipo cognitivista; la relazione che gli si chiede è di alleanza, anche terapeutica, ma non finalizzata alla prestazione. Come regola generale può valere quella secondo la quale ogni volta che incontro un asino devo, prima di tutto, convincerlo che non voglio né predarlo, né imporgli direttive. Ecco un esempio pratico del nostro approccio.

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Immagine a sinistra: “Sono un essere umano e quindi un predatore, ma come un uovo dal fragile involucro mi metto per terra, chiuso in una sfera, immobile aspetto. Non so nulla, posso solo sentire… Mi fido, malgrado la tua mole non mi schiaccerai”

E’ evidente che questa procedura non è sempre applicabile, soprattutto nei casi in cui gli asini abbiano avuto precedenti e spiacevoli relazioni con gli uomini. Com’è chiaro anche che per praticarla sia necessaria una buona dose di coraggio ma, soprattutto, di fiducia.

Con questo atteggiamento, in ogni caso, l’asino comprenderà chiaramente, e da subito, che la postura di quell’essere umano non è di tipo predatorio.

Nell’immagine a destra rivelo lentamente all’asino le possibilità di movimento dei miei arti da terra: “Mi apro, cerco di capire fin dove arriva il mio corpo. Vedo dove sono, ti guardo, mi muovo”.

Il senso dell’immagine sottostante nella prossima puntata del nostro blog…

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